Escursione sul Piz Galin nelle Dolomiti di Brenta
Nel lungo elenco dei “posti da visitare” che nel corso degli anni mi sono segnato, c’era questa montagna poco conosciuta del Trentino. Fuori dagli itinerari più rinomati e conosciuti delle Dolomiti di Brenta, il Piz Galin è una montagna che svetta tra l’abitato di Molveno e quello di Andalo. La sua posizione geografica e i suoi 2442 metri di altezza la rendono un balcone naturale su tutto il gruppo del Brenta. Ogni anno sognavo di raggiungere questa vetta che la rendeva perfetta per ammirare l’enrosadira sul Brenta all’alba.
Sentivo che non potevo continuare a rimandare, era arrivato il momento di andare.
Per fotografare l’alba da questo punto avevo due opzioni: la prima bivaccare in quota, la seconda era quella di salire di notte.
I vantaggi principali della prima opzione erano che avrei potuto sfruttare l'aiuto della funivia che mi evitava circa 600 metri di dislivello che, con zaino da 20 kg, sinceramente fanno comodo. Inoltre, non conoscendo la zona, percorrere il sentiero con il chiaro mi avrebbe lasciato un po' più tranquillo. L'unico svantaggio era che dovevo portarmi uno zaino pesante con tutto l'occorrente per passare la notte (tenda e sacco a pelo in primis).
La seconda opzione aveva il vantaggio di evitare qualche kg nello zaino, ma avrei dovuto partire da casa ad orari inconcepibili (tre ore di macchina sommati a quattro ore di trekking), senza conoscere il sentiero e in zone dove c'è la più alta concentrazione di orsi del Trentino e del nord Italia (onestamente, il solo pensiero di trovarmi di notte di fronte ad un orso mi preoccupava un po’).
Decisi quindi di prendermela con calma, salire durante il giorno e bivaccare in quota. Controllo per l'ultima volta le condizioni meteo... ottimo! Zero temporali previsti.
Dormire in vetta con un temporale e una croce di ferro alta qualche metro lì vicina, equivarrebbe a fare la parte del parafulmine.
Arrivai a Molveno poco prima di mezzogiorno, presi la funivia e in pochi minuti mi trovai catapultato sull’altopiano del Pradel.
È agosto ma fa caldo anche quassù e il rifugio è assaltato dai turisti che cercano un po' di frescura. Rimango colpito dalla vista superlativa già da questo punto e faccio un pensierino per fermarmi qui, senza fare troppa fatica. Dopo un attimo di tentennamento, abbandono i messaggi subdoli della mente, la meta non è questa.
Superato il rifugio Montanara imbocco il sentiero, nel giro di pochi minuti mi ritrovo fuori dal caos. Le gambe sono messe subito a dura prova, il peso dello zaino si fa già sentire ed ogni tanto mi fermo per riprendere fiato. Finalmente esco dal bosco e, davanti a me, vedo la piramide inconfondibile del Piz Galin, ancora lontana e quasi inespugnabile. Il sentiero ora scende leggermente per poi diventare pianeggiante. Proseguo nella marcia e mi godo lo splendido panorama. Dopo circa un'oretta si riprende a salire. Da lontano vedo alcuni escursionisti che stanno scendendo, nessuno che sale. So già che lassù sarò solo.
Arrivato alla bocchetta del Piz Galin, un cartello segnavia indica la vetta a sinistra, ancora un'ora. Il sentiero ora diventa una traccia su roccia. La fatica ora si fa sentire, lo zaino pesa sempre più ed è troppo ingombrante. Arrivo in un punto abbastanza ostico, lo supero con la dovuta cautela e, finalmente, vedo la croce di vetta.
Ancora pochi metri ed è fatta. Finalmente arrivo in cima!
Sentivo che non potevo continuare a rimandare, era arrivato il momento di andare.
Per fotografare l’alba da questo punto avevo due opzioni: la prima bivaccare in quota, la seconda era quella di salire di notte.
I vantaggi principali della prima opzione erano che avrei potuto sfruttare l'aiuto della funivia che mi evitava circa 600 metri di dislivello che, con zaino da 20 kg, sinceramente fanno comodo. Inoltre, non conoscendo la zona, percorrere il sentiero con il chiaro mi avrebbe lasciato un po' più tranquillo. L'unico svantaggio era che dovevo portarmi uno zaino pesante con tutto l'occorrente per passare la notte (tenda e sacco a pelo in primis).
La seconda opzione aveva il vantaggio di evitare qualche kg nello zaino, ma avrei dovuto partire da casa ad orari inconcepibili (tre ore di macchina sommati a quattro ore di trekking), senza conoscere il sentiero e in zone dove c'è la più alta concentrazione di orsi del Trentino e del nord Italia (onestamente, il solo pensiero di trovarmi di notte di fronte ad un orso mi preoccupava un po’).
Decisi quindi di prendermela con calma, salire durante il giorno e bivaccare in quota. Controllo per l'ultima volta le condizioni meteo... ottimo! Zero temporali previsti.
Dormire in vetta con un temporale e una croce di ferro alta qualche metro lì vicina, equivarrebbe a fare la parte del parafulmine.
Arrivai a Molveno poco prima di mezzogiorno, presi la funivia e in pochi minuti mi trovai catapultato sull’altopiano del Pradel.
È agosto ma fa caldo anche quassù e il rifugio è assaltato dai turisti che cercano un po' di frescura. Rimango colpito dalla vista superlativa già da questo punto e faccio un pensierino per fermarmi qui, senza fare troppa fatica. Dopo un attimo di tentennamento, abbandono i messaggi subdoli della mente, la meta non è questa.
Superato il rifugio Montanara imbocco il sentiero, nel giro di pochi minuti mi ritrovo fuori dal caos. Le gambe sono messe subito a dura prova, il peso dello zaino si fa già sentire ed ogni tanto mi fermo per riprendere fiato. Finalmente esco dal bosco e, davanti a me, vedo la piramide inconfondibile del Piz Galin, ancora lontana e quasi inespugnabile. Il sentiero ora scende leggermente per poi diventare pianeggiante. Proseguo nella marcia e mi godo lo splendido panorama. Dopo circa un'oretta si riprende a salire. Da lontano vedo alcuni escursionisti che stanno scendendo, nessuno che sale. So già che lassù sarò solo.
Arrivato alla bocchetta del Piz Galin, un cartello segnavia indica la vetta a sinistra, ancora un'ora. Il sentiero ora diventa una traccia su roccia. La fatica ora si fa sentire, lo zaino pesa sempre più ed è troppo ingombrante. Arrivo in un punto abbastanza ostico, lo supero con la dovuta cautela e, finalmente, vedo la croce di vetta.
Ancora pochi metri ed è fatta. Finalmente arrivo in cima!
Il panorama da quassù è uno dei più belli che mi sia capitato di vedere. Sono strafelice!
Il Brenta è di fronte a me in tutta la sua bellezza. Non mi sembra vero che Qualcuno abbia potuto progettare una bellezza simile.
Le guglie e pinnacoli di roccia mi rimandano alla mente la Sagrada Familia di Barcellona. Sì, sicuramente Gaudì si è lasciato ispirare da questi luoghi, dico io.
La vista spazia tra gli Sfulmini, il Campanile Basso, il Crozzon di Brenta, la Cima Tosa, il Grostè e la Pietra Grande. Alla mia destra, altre cime a me sconosciute prima d'ora mentre, alle spalle, laggiù in basso ci sono Andalo e Molveno con il suo lago.
Adesso però è il momento di piazzare la tenda visto che c'è ancora chiaro. Identifico l'unico spazio dove c'è un po' di erba e, a fatica per via di parecchi sassi, la monto. La posizione non è molto felice visto che è in pendenza, ma è l'unico posto dove non c'è roccia (o comunque ce n'è meno).
Finito i preparativi per la tenda, cerco un buon punto per fotografare il tramonto. Delle soffici nuvole bianche lasciano presagire ad un bello spettacolo stasera. Infatti così è.
Ho l'imbarazzo della scelta su cosa fotografare, tutto intorno è una meraviglia.
Il Brenta è di fronte a me in tutta la sua bellezza. Non mi sembra vero che Qualcuno abbia potuto progettare una bellezza simile.
Le guglie e pinnacoli di roccia mi rimandano alla mente la Sagrada Familia di Barcellona. Sì, sicuramente Gaudì si è lasciato ispirare da questi luoghi, dico io.
La vista spazia tra gli Sfulmini, il Campanile Basso, il Crozzon di Brenta, la Cima Tosa, il Grostè e la Pietra Grande. Alla mia destra, altre cime a me sconosciute prima d'ora mentre, alle spalle, laggiù in basso ci sono Andalo e Molveno con il suo lago.
Adesso però è il momento di piazzare la tenda visto che c'è ancora chiaro. Identifico l'unico spazio dove c'è un po' di erba e, a fatica per via di parecchi sassi, la monto. La posizione non è molto felice visto che è in pendenza, ma è l'unico posto dove non c'è roccia (o comunque ce n'è meno).
Finito i preparativi per la tenda, cerco un buon punto per fotografare il tramonto. Delle soffici nuvole bianche lasciano presagire ad un bello spettacolo stasera. Infatti così è.
Ho l'imbarazzo della scelta su cosa fotografare, tutto intorno è una meraviglia.
Cominciano ad accendersi le prime luci di Andalo che si prepara per la movida serale. Anche nei pressi di Malga Spora si intravedono alcune persone uscite per dare un ”ultimo saluto” alla giornata.
Da quassù, dove non c'è anima viva a parte me e qualche gracchio alpino, mi sento un po' spaesato e vorrei essere nei paesi lì sotto. Il caldo del giorno è un ricordo, adesso comincia ad imbrunire e il freddo si fa sentire.
Da quassù, dove non c'è anima viva a parte me e qualche gracchio alpino, mi sento un po' spaesato e vorrei essere nei paesi lì sotto. Il caldo del giorno è un ricordo, adesso comincia ad imbrunire e il freddo si fa sentire.
Una delle cose che in montagna mi ha sempre affascinato è questo momento, quando il crepuscolo permette ancora di vedere senza l'aiuto di luci artificiali, mentre “dove c'è la civiltà” le luci si sono già accese.
Questione di minuti e anche qui cala il buio. La notte ormai è alle porte, decido così di entrare al caldo del sacco a pelo.
Prevedo che la stanchezza della giornata mi farà subito addormentare, invece non riesco a prendere sonno. Ogni folata di vento muove il sottile telo della tenda che protegge me dai pericoli immaginari dell'esterno. Non siamo abituati al silenzio. Ogni minimo movimento del telo fa scattare in me uno stato d'allarme.
Solo adesso mi rendo conto che la tenda non è stata posizionata in un luogo comodo, anzi, la pendenza mi costringe a scivolare e, ogni dieci minuti, devo tornare un po' su.
Ogni dieci minuti controllo l'ora sperando che sia passata almeno mezz'ora.
E così per tutta la notte, il tempo si è incredibilmente rallentato e non passa mai.
Questione di minuti e anche qui cala il buio. La notte ormai è alle porte, decido così di entrare al caldo del sacco a pelo.
Prevedo che la stanchezza della giornata mi farà subito addormentare, invece non riesco a prendere sonno. Ogni folata di vento muove il sottile telo della tenda che protegge me dai pericoli immaginari dell'esterno. Non siamo abituati al silenzio. Ogni minimo movimento del telo fa scattare in me uno stato d'allarme.
Solo adesso mi rendo conto che la tenda non è stata posizionata in un luogo comodo, anzi, la pendenza mi costringe a scivolare e, ogni dieci minuti, devo tornare un po' su.
Ogni dieci minuti controllo l'ora sperando che sia passata almeno mezz'ora.
E così per tutta la notte, il tempo si è incredibilmente rallentato e non passa mai.
È quasi ora. Anticipo il suono della sveglia, finalmente manca poco all'appuntamento sognato da anni, l'alba da quassù.
Esco dalla tenda, la notte sta lasciando spazio alle prime luci dell'alba. Preparo tutta l'attrezzatura fotografica ed attendo. Tutto intorno a me è immobile e del vento di montagna nemmeno l'ombra.
Silenzio.
Andalo e Molveno non si sono ancora svegliati.
Do uno sguardo al cielo e intorno a me... ancora una volta promette bene.
Pittoresche nuvole basse sono adagiate sui bastioni del Brenta come una coperta, quasi a voler proteggere (o nasconderne) la bellezza. Anche in cielo la presenza di nuvole lasciano presagire ad un bel regalo.
Pian piano, il cielo ad est comincia a colorarsi di rosso, anche una leggera brezza adesso si è alzata. Nel giro di pochi minuti, il sole spunta dalle cime alle mie spalle. Le nuvole cominciano a colorarsi di rosa e i primi raggi baciano la cima Tosa. Una ad una, in ordine di altezza, tutte le cime vengono illuminate dal sole. Man mano che i minuti passano, le cime diventano da rosse a dorate.
Esco dalla tenda, la notte sta lasciando spazio alle prime luci dell'alba. Preparo tutta l'attrezzatura fotografica ed attendo. Tutto intorno a me è immobile e del vento di montagna nemmeno l'ombra.
Silenzio.
Andalo e Molveno non si sono ancora svegliati.
Do uno sguardo al cielo e intorno a me... ancora una volta promette bene.
Pittoresche nuvole basse sono adagiate sui bastioni del Brenta come una coperta, quasi a voler proteggere (o nasconderne) la bellezza. Anche in cielo la presenza di nuvole lasciano presagire ad un bel regalo.
Pian piano, il cielo ad est comincia a colorarsi di rosso, anche una leggera brezza adesso si è alzata. Nel giro di pochi minuti, il sole spunta dalle cime alle mie spalle. Le nuvole cominciano a colorarsi di rosa e i primi raggi baciano la cima Tosa. Una ad una, in ordine di altezza, tutte le cime vengono illuminate dal sole. Man mano che i minuti passano, le cime diventano da rosse a dorate.
Sono passate da poco le otto. Smonto la tenda e risistemo (si fa per dire) tutto nello zaino. Non mi fido a scendere dal percorso dell'andata ed allora opto per la parte opposta, sembra più semplice. Si passa dai ghiaioni del piz Galin ai prati sottostanti cima Lasteri. Da lontano sento rumore di rocce che cadono, mi guardo un po' intorno e vedo un branco di camosci che risale su per le crode. Mi fermo ad ammirarli da lontano.
Riprendo il percorso improvvisato e un altro branco di camosci mi vede, mi osservano, lanciano il fischio d'allarme e se ne vanno. Meraviglia!
Il sole è già abbastanza alto e finalmente mi scaldo un po'. Proseguo nella traccia tra i prati e faccio una scorpacciata di mirtilli che mangio direttamente sul posto. Finalmente incrocio il sentiero ufficiale e le indicazioni per il rifugio.
Incontro i primi escursionisti del giorno, uno scambio di battute e ognuno che va per la propria strada.
Nel giro di un'oretta circa sono al rifugio, mi fermo a far colazione e poi giù con la funivia fino a Molveno.
Il piccolo sogno nel cassetto, finalmente, si è trasformato in realtà.
Riprendo il percorso improvvisato e un altro branco di camosci mi vede, mi osservano, lanciano il fischio d'allarme e se ne vanno. Meraviglia!
Il sole è già abbastanza alto e finalmente mi scaldo un po'. Proseguo nella traccia tra i prati e faccio una scorpacciata di mirtilli che mangio direttamente sul posto. Finalmente incrocio il sentiero ufficiale e le indicazioni per il rifugio.
Incontro i primi escursionisti del giorno, uno scambio di battute e ognuno che va per la propria strada.
Nel giro di un'oretta circa sono al rifugio, mi fermo a far colazione e poi giù con la funivia fino a Molveno.
Il piccolo sogno nel cassetto, finalmente, si è trasformato in realtà.
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Percorso rosso: Funivia
Percorso blu: Salita
Percorso giallo: Discesa
Percorso blu: Salita
Percorso giallo: Discesa