La foto raccontata - Alba al faro di Creach
Ci sono fotografie, più o meno riuscite tecnicamente, che più di altre rimarranno nella memoria di chi l'ha scattata e di chi ha vissuto "quegli" attimi. Riguardando una di queste tornano alla mente i ricordi, più o meno lontani, e le emozioni provate in quel momento.
Una di queste fotografie, forse quella a cui sono rimasto più affezionato e legato di tutte quelle scattate nell'arco degli 8 anni, è sicuramente quella al faro di Creach.
Una di queste fotografie, forse quella a cui sono rimasto più affezionato e legato di tutte quelle scattate nell'arco degli 8 anni, è sicuramente quella al faro di Creach.
Estate 2012. Alle spalle, io e mio fratello Fabio, abbiamo 10 giorni di vagabondare tra la campagna normanna e i pittoreschi fari della costa bretone.
È la mattina dell'8 agosto. Il traghetto salperà fra pochi minuti dal porticciolo di Le Conquet e ci porterà sull'isola di Ouessant, dove rimarremo per due giorni. Il biglietto è già tra le mani, ma nello spelling del cognome qualcosa è andato storto :-)
Fino a quel giorno il nostro letto è stato il caro Fiat Doblò, attrezzato per il viaggio da mini camper.
Sull'isola di Ouessant però, il nostro Doblò non potrà sbarcare quindi optiamo per portarci "di là" una tenda automontante che ci darà riparo per le due notti.
In inverno, in questo angolo remoto di Francia soffiano venti fortissimi però, ad agosto, dormire in tenda non dovrebbe essere un grosso problema.
Il traghetto è quasi pronto per la partenza, mancano solo pochi minuti per l'imbarco degli ultimi passeggeri. Finalmente è l'ora di salpare! Bellissimi ricordi ci tornano alla mente visto che l'isola l'avevamo già visitata 5 anni prima.
La giornata è splendida, il cielo è terso e una leggera brezza soffia dal mare. La traversata durerà poco più di un'ora.
Finalmente eccoci sull'isola! Il traghetto ci lascia nel porticciolo nei pressi del faro du Stiff.
Ora dobbiamo attraversare l'isola a piedi visto che il luogo scelto preventivamente per passare la notte è proprio dall'altra parte, sull'oceano. Sono 8 i chilometri che ci separano dal pointe de Pern, la meta prefissata.
È la mattina dell'8 agosto. Il traghetto salperà fra pochi minuti dal porticciolo di Le Conquet e ci porterà sull'isola di Ouessant, dove rimarremo per due giorni. Il biglietto è già tra le mani, ma nello spelling del cognome qualcosa è andato storto :-)
Fino a quel giorno il nostro letto è stato il caro Fiat Doblò, attrezzato per il viaggio da mini camper.
Sull'isola di Ouessant però, il nostro Doblò non potrà sbarcare quindi optiamo per portarci "di là" una tenda automontante che ci darà riparo per le due notti.
In inverno, in questo angolo remoto di Francia soffiano venti fortissimi però, ad agosto, dormire in tenda non dovrebbe essere un grosso problema.
Il traghetto è quasi pronto per la partenza, mancano solo pochi minuti per l'imbarco degli ultimi passeggeri. Finalmente è l'ora di salpare! Bellissimi ricordi ci tornano alla mente visto che l'isola l'avevamo già visitata 5 anni prima.
La giornata è splendida, il cielo è terso e una leggera brezza soffia dal mare. La traversata durerà poco più di un'ora.
Finalmente eccoci sull'isola! Il traghetto ci lascia nel porticciolo nei pressi del faro du Stiff.
Ora dobbiamo attraversare l'isola a piedi visto che il luogo scelto preventivamente per passare la notte è proprio dall'altra parte, sull'oceano. Sono 8 i chilometri che ci separano dal pointe de Pern, la meta prefissata.
Il sole ora è basso... non riusciremo mai ad arrivare in tempo per il tramonto!! Acceleriamo il passo nonostante il peso dello zaino e della tenda (pesante e scomoda da trasportare a spalle) ci facciano soffrire.
Arriviamo finalmente alla meta prefissata mentre il sole sta tramontando. Da questo punto dell'isola è possibile vedere tre dei sei fari che, come guardiani, proteggono questo lembo di terra francese: il faro di Nividic, il faro della Jument e il faro di Creach.
Fantastici colori dipingono il cielo. Ora anche le luci del faro di Creach si sono accese. Il faro più potente al mondo è lì, vigile come sempre e pronto per la notte, a guidare le navi al largo di una delle coste più tormentate al mondo.
Arriviamo finalmente alla meta prefissata mentre il sole sta tramontando. Da questo punto dell'isola è possibile vedere tre dei sei fari che, come guardiani, proteggono questo lembo di terra francese: il faro di Nividic, il faro della Jument e il faro di Creach.
Fantastici colori dipingono il cielo. Ora anche le luci del faro di Creach si sono accese. Il faro più potente al mondo è lì, vigile come sempre e pronto per la notte, a guidare le navi al largo di una delle coste più tormentate al mondo.

Impariamo a memoria il ritmo della luce del faro mentre una buona bottiglia di vino, comprata sul percorso, ci tiene compagnia. L'oceano è calmo e le onde si infrangono stanche sulle rocce dalle più svariate forme, a pochi passi da noi.
Il cielo sta diventando blu scuro e fra pochi minuti anche l'unica parte ancora colorata dalla luce del tramonto lascerà spazio alla notte.
Rimaniamo seduti su due rocce, al riparo dal fresco venticello che soffia da ovest. La stanchezza comincia a prendere il sopravvento, quindi decidiamo entrare nella tenda.
Negli zaini non molto capienti ci stava lo stretto necessario, forse anche meno. Il sacco a pelo infatti è dovuto rimanere a terra a causa della mancanza di spazio. Tra le nostre schiene e la terra umida ci sarà solo il telo della tenda.
Parecchie volte mi sono svegliato durante la notte. Ogni tanto si sentiva un suono cupo che sembrava non troppo lontano, forse è la sirena di una qualche nave di passaggio. La cadenza del suono sembrava irregolare. Questo suono ci accompagnerà per buona parte della notte.
La sveglia era puntata mezz'ora prima dell'alba. Ancora assonnato, apro la cerniera della tenda, il minimo indispensabile, e do' un'occhiata fuori... è ancora abbastanza buio, anche se l'ingresso della tenda non è puntato a est ma proprio dalla parte opposta, verso l'oceano. Mi sdraio ancora per qualche minuto e ascolto ancora quel suono dall'interno della tenda. Finalmente mi decido ad uscire.
La tenda l'avevamo piazzata in modo da essere riparati dagli eventuali venti che soffiano dall'oceano ma soprattutto dalla luce potente del faro di Creach. Passare la notte con un faro che illumina la tenda non sarebbe stata sicuramente un'idea saggia.
Quando ho messo il piede fuori, supero il leggero dosso che ci proteggeva dalla luce del faro e mi trovo di fronte ad un'atmosfera fiabesca, quasi surreale. Il cielo si sta tingendo di rosa, la marea rispetto alla sera prima è scesa di qualche metro lasciando intravedere una parte di fondale dalle rocce nere come il carbone.
Densi banchi di nebbia danzavano a pelo d'erba e si spostavano verso il faro, nascondendolo e lasciandolo intravedere per qualche attimo. L'atmosfera che si respira mi ha rimandato a quelle scene viste nei film che parlano di isole fantasma e di pirati.
Capii solo in quel momento che il suono cupo della sirena che non ci faceva dormire proveniva dal faro di Creach. Data la scarsa visibilità data dalla nebbia, la luce del faro più potente al mondo non era sufficiente a guidare i marinai in transito per quei mari.
Quell'atmosfera, quella nebbia, quella sirena, quel faro, quel cielo... Attimi che rimarranno indelebili nella mia mente per tutta la vita.
Il cielo sta diventando blu scuro e fra pochi minuti anche l'unica parte ancora colorata dalla luce del tramonto lascerà spazio alla notte.
Rimaniamo seduti su due rocce, al riparo dal fresco venticello che soffia da ovest. La stanchezza comincia a prendere il sopravvento, quindi decidiamo entrare nella tenda.
Negli zaini non molto capienti ci stava lo stretto necessario, forse anche meno. Il sacco a pelo infatti è dovuto rimanere a terra a causa della mancanza di spazio. Tra le nostre schiene e la terra umida ci sarà solo il telo della tenda.
Parecchie volte mi sono svegliato durante la notte. Ogni tanto si sentiva un suono cupo che sembrava non troppo lontano, forse è la sirena di una qualche nave di passaggio. La cadenza del suono sembrava irregolare. Questo suono ci accompagnerà per buona parte della notte.
La sveglia era puntata mezz'ora prima dell'alba. Ancora assonnato, apro la cerniera della tenda, il minimo indispensabile, e do' un'occhiata fuori... è ancora abbastanza buio, anche se l'ingresso della tenda non è puntato a est ma proprio dalla parte opposta, verso l'oceano. Mi sdraio ancora per qualche minuto e ascolto ancora quel suono dall'interno della tenda. Finalmente mi decido ad uscire.
La tenda l'avevamo piazzata in modo da essere riparati dagli eventuali venti che soffiano dall'oceano ma soprattutto dalla luce potente del faro di Creach. Passare la notte con un faro che illumina la tenda non sarebbe stata sicuramente un'idea saggia.
Quando ho messo il piede fuori, supero il leggero dosso che ci proteggeva dalla luce del faro e mi trovo di fronte ad un'atmosfera fiabesca, quasi surreale. Il cielo si sta tingendo di rosa, la marea rispetto alla sera prima è scesa di qualche metro lasciando intravedere una parte di fondale dalle rocce nere come il carbone.
Densi banchi di nebbia danzavano a pelo d'erba e si spostavano verso il faro, nascondendolo e lasciandolo intravedere per qualche attimo. L'atmosfera che si respira mi ha rimandato a quelle scene viste nei film che parlano di isole fantasma e di pirati.
Capii solo in quel momento che il suono cupo della sirena che non ci faceva dormire proveniva dal faro di Creach. Data la scarsa visibilità data dalla nebbia, la luce del faro più potente al mondo non era sufficiente a guidare i marinai in transito per quei mari.
Quell'atmosfera, quella nebbia, quella sirena, quel faro, quel cielo... Attimi che rimarranno indelebili nella mia mente per tutta la vita.